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L’implantologia, la chirurgia orale e la pre-protesica fanno parte del
lavoro di routine del chirurgo maxillofacciale, che viene spesso chiamato dal
collega odontoiatra per affrontare le situazioni cliniche più complesse,
come l’estrazione dei denti del giudizio complessi in inclusione ossea
totale e di stretto rapporto anatomico con il nervo alveolare inferiore,
oppure come la presenza di scarso osso residuo per gravi atrofie dei
mascellari, o ancora per asportare lesioni ossee come cisti odontogene o
tumori endoossei.
Grazie a solide basi di conoscenza anatomica e di tecnica
chirurgica, è possibile affrontare in massima sicurezza tutte le patologie
del cavo orale.
Sono specializzato nelle ricostruzioni ossee dei mascellari
atrofici, nell'implantologia avanzata in situazioni complesse, nella
gestione di pregressi insuccessi implantari e nella risoluzione di problemi
derivanti da pregressi trattamenti chirurgici.
Mi occupo dell’estrazione dei denti del giudizio sia superiori
che inferiori.
I denti del giudizio inferiori meritano un approfondimento
particolare, in quanto sono quelli che spesso, se non affrontati in maniera
corretta e responsabile, possono lasciare degli spiacevoli reliquati
funzionali per il paziente.
Il dente del giudizio inferiore è situato in
una posizione anatomica delicata, in quanto a livello della porzione
posteriore della mandibola spesso si trova in stretta prossimità di due strutture
anatomiche importanti. In primo luogo il nervo linguale (NL), che in
corrispondenza del terzo molare inferiore decorre nella mucosa del pavimento
orale molto vicino alla corticale linguale mandibolare, è un ramo della III
branca del trigemino; una sua lesione provoca la perdita della sensibilità
a livello della emi-lingua corrispondente.
Tale nervo va evitato con l’incisione, pianificandone accuratamente il decorso a livello della gengiva, e va protetto con un apposito mezzo di sicurezza metallico durante le operazioni di liberazione del dente quando si utilizzano strumenti rotanti che possono danneggiarlo.
Il Nervo alveolare inferiore (NAI), anch’esso ramo
della III branca del trigemino, è un nervo sensitivo che decorre all’interno
della mandibola in un canale ed è spesso in rapporto di stretta prossimità
con le radici del dente del giudizio, potendo essere a diretto contatto e
addirittura, in rari casi, passare attraverso le sue radici fuse tra loro.
Una sua lesione provoca una perdita della sensibilità tattile a livello del
mento, del labbro inferiore e delle gengive dell’emimandibola interessata.
Conoscere l’esatta posizione del nervo alveolare inferiore in ogni paziente
prima di sottoporlo all’intervento chirurgico di estrazione del dente del
giudizio è fondamentale per pianificare correttamente il trattamento e le
manovre chirurgiche da eseguire.
La panoramica della bocca
(Ortopantomografia, OPT) è un esame di primo livello indispensabile in ogni
paziente.
Qualora però l’esame dovesse rilevare un rapporto di stretta
prossimità tra il dente del giudizio e il NAI allora è indispensabile
l’esecuzione di una TAC Cone Beam, oramai ampiamente disponibile anche in
molti studi odontoiatrici oltre che in tutti i centri radiologici.
Questo
esame, infatti, mostra la posizione del nervo in 3D, e quindi è molto più
preciso ed affidabile di un esame tradizionale bidimensionale come la OPT.
Conoscere esattamente la posizione del nervo alveolare inferiore permette
di evitare di danneggiarlo durante l'estrazione del dente.
Mentre la lesione del
nervo linguale rappresenta sempre un errore tecnico, quindi evitabile con
una buona pratica chirurgica, la lesione del NAI può anche essere dovuta,
pur nel rispetto della struttura nervosa, ad un problema di compressione
durante le manovre di lussazione delle radici dentarie o ancora per la
trasmissione della vibrazione degli strumenti rotanti.
Tuttavia queste
lesioni sono solitamente lievi, senza interruzione della integrità anatomica
del nervo e quindi danno di solito luogo ad un completo recupero della
funzionalità del nervo nel giro di pochi giorni.
Nella mia pratica clinica
mi avvalgo oramai da anni dell’utilizzo della tecnologia ad ultrasuoni.
Pratico questi interventi chirurgici infatti senza l’ausilio degli
strumenti tradizionali odontoiatrici (trapano e frese), ma impiegando degli
strumenti piezoelettrici.
Questa innovazione tecnologica consente un’azione
specifica solo sui denti, legamenti, osso alveolare e non sui tessuti molli
risparmiando quindi per definizione i nervi e le mucose.
Con questa
tecnologia è possibile praticare l’avulsione dei denti del giudizio in modo
sicuro, con minori incisioni chirurgiche, senza ampi scollamenti, che
significa con minore gonfiore, e ridotto dolore postoperatorio.
La chirurgia maxillofacciale si occupa della rigenerazione ossea
mascellare, ossia di ricreare l’osso a livello del mascellare superiore e
della mandibola nella zona dento-portatrice, al fine di consentire il
posizionamento degli impianti osteointegrati e quindi la realizzazione da
parte di un odontoiatra di una protesi dentaria fissa.
La rigenerazione
ossea può essere realizzata mediante l’impiego di tecniche definite GBR
(Guided bone rigeneration), ossia mediante l’impiego combinato di materiale
di riempimento e membrane che consentono la formazione di nuovo osso.
E’
possibile utilizzare ogni tipo di innesto osseo per tale scopo, sia l’osso
autologo, cioè osso prelevato dal paziente stesso da una zona donatrice
mediante appositi strumenti che consentono il prelievo di piccole particelle
di tessuto, sia l’osso omologo, cioè osso umano tramite l’appoggio alle
cosiddette banche dell’osso, sia l’osso eterologo, cioè materiale di sintesi
o di origine animale.
Spesso la combinazione di questi materiali rappresenta
la scelta vincente.
Esistono indicazioni cliniche ben precise, ma senza
dubbio sia le motivazioni del paziente sia le abitudini tecniche
dell’operatore possono giocare un ruolo determinante nel tipo di tessuto
impiegato.
Le membrane utilizzate possono essere riassorbibili oppure non
riassorbibili; in questo secondo caso vanno quindi rimosse in una fase
successiva e possono anche essere rinforzate in titanio, per consentire il
mantenimento della forma desiderata.
I risultati ottenuti sono ottimali sia
per stabilizzare degli impianti posizionati non completamente nell’osso per
la presenza di una atrofia, sia per creare le condizioni indispensabili al
posizionamento degli impianti stessi.
Tramite l’impiego della chirurgia
piezoelettrica è oggi possibile in maniera atraumatica e senza dolore anche
il prelievo in anestesia locale di innesti di osso autologo al fine di
ricostruire degli ampi difetti ossei.
L’intervento consiste nel prelevare un
innesto osseo in una zona della bocca dove è presente tessuto in abbondanza
per trasferirlo in una zona da riabilitare con impianti dove l’osso è scarso
o assente. Questo innesto viene modellato opportunamente e stabilizzato con
delle microviti in titanio.
Quando i difetti ossei da ricostruire sono più
importanti (come nel caso di gravi atrofie per mancanza totale di denti in
una arcata da molto tempo o in seguito a traumi facciali o pregressi
interventi chirurgici per tumori), allora può essere necessario sottoporsi ad
interventi chirurgici di ricostruzione delle ossa mascellari in anestesia
generale, utilizzando come sedi donatrici di osso zone al di fuori della
bocca, come la cresta iliaca o la teca cranica. Questo si rende necessario
quando il difetto osseo è tale da richiedere una quantità elevata di osso
per la ricostruzione. Ancora una volta può essere valutata la possiblità di
appoggiarsi ad una banca dell’osso per eseguire un innesto omologo, evitando
così i disagi legati al prelievo.
In tutti i casi la tecnologia
ha ancora una volta modificato radicalmente l’approccio alla chirurgia
preprotesica: oggi è possibile, solamente utilizzando i file di una TAC del
massiccio facciale, realizzare un modello stereolitografico sterile della
mascella o della mandibola del paziente, consentendo di visualizzare
accuratamente il difetto osseo ed effettuare una precisa modellazione di un
innesto non direttamente sul paziente. Questo rende più preciso
l’adattamento dell’innesto e riduce di molto i tempi operatori.
E’ inoltre possibile programmare con dei software appositi la corretta posizione dell’osso da ricostruire, al fine di avere un miglior posizionamento degli impianti e quindi una più corretta realizzazione della protesi finale.
Spesso la presenza di un seno mascellare
iper-espanso a livello dell’arcata dentaria posteriore rende impossibile
posizionare degli impianti osteointegrati in questa zona e quindi impedisce
la riabilitazione protesica fissa del paziente senza denti.
E’ sempre
possibile in questi casi eseguire un intervento chirurgico noto come grande
rialzo di seno mascellare.
Questo intervento consiste nell’eseguire, con
un’incisione a livello della gengiva in corrispondenza degli elementi
dentari mancanti, un accesso chirurgico laterale al seno mascellare, che
viene poi sollevato delicatamente verso l’alto per creare lo spazio per
posizionare gli impianti osteointegrati e/o un innesto di osso (sia esso
autologo, cioè prelevato dal paziente stesso, omologo, cioè osso di banca, o
eterologo, per esempio di derivazione animale) che stabilizzano gli impianti
stessi o che ne rendono possibile il posizionamento in un secondo momento
chirurgico.
Quindi il grande rialzo di seno serve per creare un’adeguata
altezza ossea mascellare utile al posizionamento di impianti quando l’osso
residuo disponibile è troppo poco per garantire una adeguata stabilità
primaria dell’impianto stesso (di solito sono considerati valori limite per
il posizionamento di un impianto in questa sede 4 mm di altezza ossea
residua).
Il rialzo di seno può anche essere una procedura complementare al
posizionamento di impianti osteointegrati quando l’altezza ossea verticale
residua è sufficiente a garantire stabilità primaria all’impianto, ma non
consente una sua completa copertura.
In questo caso il rialzo di seno
serve quindi a posizionare l’impianto osteointegrato non a sbalzo nel seno
mascellare e a circondarlo completamente d’osso, in modo da garantirne una
prognosi adeguata.
La procedura non è assolutamente dolorosa
(non vengono eseguite incisioni ulteriori rispetto a quelle necessarie per
il posizionamento di impianti, fatto salvo un piccolo scarico gengivale di
pochi millimetri, ma è possibile osservare un rigonfiamento nei giorni
successivi all’intervento nella zona operata, soprattutto quando la
rigenerazione ossea viene realizzata con il prelievo del proprio tessuto.
Questa tumefazione, normale risposta dell’organismo all’intervento di
chirurgia rigenerativa, tende a regredire dopo alcuni giorni fino a
scomparire completamente. Anche in questo ambito l’impiego della chirurgia
piezoelettrica ad ultrasuoni ha ridotto molto i disagi per il paziente.
Grande rialzo di seno mascellare destro
Recupero di un impianto dislocato nel seno mascellare
La chirurgia orale non si occupa solo d’implantologia e di ricostruzione ossee nei pazienti edentuli, ma anche del trattamento di tutte le malattie che possono interessare i mascellari. Citiamo in queste pagine solo le più fequenti.
Cisti odontogene
Sono
delle cavità ripiene di liquido rivestite da una parete epiteliale.
Queste
cisti prendono origine da residui epiteliali che permangono in seguito al
processo di formazione dei denti.
Possono essere distinte in cisti odontogene infiammatorie, come la cisti radicolare, o
malformative come la
cisti follicolare.
Le cisti odontogene solitamente sono riscontrate
occasionalmente dal dentista durante l’esecuzione di una panoramica o di una
radiografia endorale eseguita per altri motivi. Spesso infatti sono
asintomatiche per anni fino a che le loro dimensioni possono renderle
clinicamente manifeste con tumefazione, dolore, o ancora perché si drena
spontaneamente del materiale liquido in esse contenuto.
Solo in rari casi,
quando hanno raggiunto dimensioni tali da sostituire quasi completamente l’osso
in cui sono contenute e quando sono localizzate alla mandibola, possono
manifestarsi clinicamente con una frattura patologica della mandibola.
Le
cisti radicolari sono evidenti alla panoramica come un’area
radiotraparente tondeggiante a margini netti con un tipico orletto
sclerotico alla sua periferia.
La cisti follicolare può presentare le
medesime caratteristiche radiologiche, ma non è localizzata attorno alla
radice di un elemento dentario, bensì contiene al suo interno un elemento
dentario non erotto.
Se trattate correttamente, le cisti follicolari e
radicolari non tendono a riformasi.
Caso di cisti radicolare in corrispondenza dell'elemento 46
Caso di cisti follicolare con l'elemento 48
Prima |
Dopo |
Tumori odontogeni
Il tumore
odontogeno cheratocistico, o più semplicemente cheratocisti, è invece una
lesione che fino a poco tempo fa veniva considerata una cisti odontogena.
Si
tratta di un tumore benigno di aspetto cistico dei mascellari, caratterizzato
dalla elevata aggressività locale e da una forte tendenza a recidivare una
volta asportato. Radiologicamente si presenta come una lesione cistica
uniloculata o multiloculata, più spesso localizzata a livello dell’angolo
o del ramo mandibolare.
La sua tendenza è quella di espandersi, provocando
dolore, spostando le radici dei denti e deformando i contorni ossei.
Anche
in questo caso però il riscontro può essere occasionale dal dentista, come
spesso accade per le cisti odontogene.
Il trattamento prevede una sua
enucleazione chirurgica mediante una incisione nascosta in bocca, seguita da
un accurato curettage e dal trattamento con una sostanza citostatica per
ridurre il rischio di recidiva che è alto in questo tipo di tumore.
L’ameloblastoma
L’ameloblastoma o adamantinoma è considerato uno dei più
comuni tumori odontogeni. Prende origine dalle cellule che portano alla
formazione dello smalto dei denti.
E’ un tumore benigno che presenta però
una spiccata aggressività locale e un’elevata percentuale di recidiva dopo
la sua asportazione.
E’ più frequente nelle donne e la sua tipica
localizzazione è a livello mandibolare in corrispondenza dei molari, anche se
può svilupparsi in qualsiasi zona della mandibola e del mascellare
superiore.
Caso di voluminoso ameloblastoma dell'emimandibola sinistra
Se ne distinguono 4 varianti:
L’ameloblastoma unicistico per aspetto radiologico
può essere confuso con una cisti odontogena e il suo comportamento
biologico è generalmente meno aggressivo della variante multiloculare e
solida.
Sono tumori che, se non asportati, hanno la tendenza ad accrescersi e possono
trasformarsi in maligni.
Il trattamento, sempre chirurgico, può essere
conservativo nelle varianti unicistiche o multicistiche a livello della
mandibola, mentre è sempre più aggressivo in caso di recidive e di
localizzazioni mascellari posteriori, per il rischio di una dislocazione
verso la base cranica della malattia, che risulta poi difficilmente
controllabile.