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I traumi della faccia rappresentano una delle
principali situazioni cliniche affrontate quotidianamente dal chirurgo
maxillofacciale.
Con una netta prevalenza nel sesso maschile, i traumi del
distretto facciale riconoscono tra le cause più frequenti le aggressioni,
gli incidenti stradali, le cadute accidentali e gli incidenti sportivi.
Altre cause meno frequenti sono rappresentate dagli incidenti sul lavoro e
dai traumi balistici.
Schematicamente i traumi facciali possono essere
suddivisi in base ai tessuti che coinvolgono.
Si possono quindi dividere in:
Trauma interessante la palpebra inferiore e le vie lacrimali
Caso di lacerazione della palpebra superiore a tutto spessore
Tutte le
ossa del cranio possono fratturarsi a causa di un trauma. Le ossa più
frequentemente coinvolte da un trauma sono quelle più prominenti, cioè le ossa
nasali, lo zigomo, la mandibola.
I problemi che possono causare in generale
i traumi al volto sono di due ordini: estetico e funzionale.
Un’adeguata
diagnosi, affidata sia alla radiologia convenzionale (ad esempio la
radiografia panoramica) sia alla esecuzione di una TAC, una attenta
pianificazione ed una chirurgia accurata sono elementi indispensabili per
garantire al paziente una restitutio ad integrum, con un completo recupero
funzionale ed estetico.
La distanza di tempo intercorsa tra il trauma e
l’intervento chirurgico non dovrebbe, salvo in rari casi dove possono essere
accettabili tempi più lunghi, essere superiore ai 10 giorni.
Se il
tempo trascorso è superiore, iniziano a verificarsi fenomeni di
consolidamento delle ossa in posizione scorretta e l’intervento, oltre ad
essere molto più complesso dal punto di vista tecnico, può dare luogo a
risultati meno soddisfacenti.
Ogni frattura va valutata attentamente per
potere decidere il corretto accesso chirurgico, che prevede incisioni
nascoste, ad esempio all’interno della bocca, o comunque sempre estetiche,
con tecniche mutuate dalla chirurgia plastica.
La stabilizzazione delle fratture può
essere affidata all’utilizzo di micro-placche e viti in titanio.
Le moderne
tecniche di fissazione rigida con placche e viti in titanio hanno permesso
di eliminare quasi completamente la necessità di fastidiosi blocchi e
legature interdentarie che caratterizzavano in passato il decorso
postoperatorio dei pazienti.
La frattura della
mandibola è uno dei traumi più frequenti che si possono verificare a causa
della prominenza del mento rispetto alle altre ossa facciali.
Le fratture
più frequenti della mandibola sono quelle di condilo mandibolare, la
struttura ossea che compone, insieme alla base cranica, l’articolazione
temporo-mandibolare, indispensabile per i movimenti della bocca.
Una
frattura mandibolare, sia essa localizzata al corpo della mandibola che al
condilo mandibolare, comporterà generalmente la comparsa di una importante
tumefazione, dolore a riposo e durante i movimenti della mandibola, di
solito ridotti, e una perdita dell’occlusione, ossia della normale chiusura
dei denti. Il paziente con una frattura mandibolare non può nutrirsi
adeguatamente, fatica a parlare ed è sofferente.
Solo una valutazione
specialistica potrà stabilire se la frattura necessita di un trattamento
chirurgico (non tutte le fratture mandibolari infatti presentano una
indicazione chirurgica) e che tipo di trattamento è più indicato.
Il
classico trattamento chirurgico di una frattura mandibolare prevede
l’esecuzione di un’incisione nascosta nella bocca, a livello della mucosa
gengivale, attraverso la quale il chirurgo è in grado di eseguire una
corretta riduzione della frattura, qualora questa si presenti scomposta, ed
una sua stabilizzazione mediante placche e viti in titanio.
Il decorso postoperatorio è generalmente rapido e la stabilizzazione della frattura, oltre ad essere un presupposto fondamentale per la guarigione anatomica, porta rapidamente al sollievo dal dolore, causato dalla mobilizzazione dei monconi fratturati.
Il mascellare superiore è
meno frequentemente interessato da fratture rispetto alla mandibola o allo
zigomo.
Una frattura a questo livello si manifesta con marcata tumefazione
del centro della faccia, della regione paranasale, e spesso con una perdita
dell’occlusione dentaria.
Il trattamento, analogamente a quello della
frattura di mandibola, prevede l’esecuzione di incisioni nascoste all’interno
della bocca, la riduzione della frattura e la sua stabilizzazione con
microplacche in titanio, una volta ritrovata la normale chiusura dei denti.
Lo zigomo è un osso frequentemente sede di frattura
data la prominenza dei pomelli zigomatici.
La presentazione tipica di una
frattura di zigomo è caratterizzata da importante gonfiore della regione
malare, con una asimmetria dei pomelli zigomatici, spesso infossati e
sfuggenti dal lato fratturato; alle volte è apprezzabile anche la presenza
di uno scalino osseo a livello della cornice orbitaria inferiore, quando la
frattura è scomposta.
Spesso la frattura zigomatica si associa alla
frattura dell’orbita e queste vengono trattate contemporaneamente.
L’intervento prevede un accesso chirurgico nascosto a livello della
bocca; in caso di fratture particolarmente scomposte o pluri-frammentarie,
può essere necessario associare un accesso estetico a livello di una piega
della palpebra superiore (la stessa incisione eseguita per la
blefaroplastica) per controllare la porzione più alta dello zigomo
fratturato.
La stabilizzazione della frattura viene affidata a placche in
titanio e viti.
Frattura zigomatica sinistra
Prima | Dopo |
Prima | Dopo |
Prima | Dopo |
L’occhio è contenuto all’interno dell’orbita.
Tutte le pareti ossee
dell’orbita possono fratturarsi, anche se più frequentemente si rompono le
pareti più sottili e quindi meno resistenti, cioè il pavimento orbitario e
la parete mediale (cioè sul versante nasale).
Clinicamente la frattura di
orbita comporta edema ed ematoma periorbitario, edema congiuntivale
(chemosi) con ecchimosi diffuse, e una visione doppia, chiamata diplopia,
dovuta al posizionamento del bulbo oculare in avanti (proptosi) o
all’indietro (enoftalmo) nell’orbita o ancora per un intrappolamento del
grasso perioculare o dei muscoli oculari nella rima della frattura con
conseguente limitazione dei movimenti oculari.
Un’altra conseguenza, questa volta di natura
estetica, di una frattura orbitaria può essere l’arretramento marcato
dell’occhio che appare “rimpicciolito” quando la frattura comporta un
aumento del volume dell’orbita, pur in assenza di una visione doppia. Questa
condizione, nota come enoftalmo, può non essere evidente nelle prime
settimane dal trauma, ma diventare manifesta solo a distanza di tempo.
Ecco
perché l’indicazione all’intervento in questi casi va posta non solo sulla
base della clinica, ma anche sull’analisi della TAC del massiccio facciale
per poter fare, sulla base della propria esperienza, una previsione delle
possibili conseguenze della frattura a distanza di tempo.
L’intervento
chirurgico, eseguito in anestesia generale, consiste in una incisione
nascosta a livello dell’interno della palpebra o, in casi selezionati, al suo
esterno, in corrispondenza della stessa incisione praticata per la
blefaroplastica inferiore a scopo estetico.
La parete fratturata viene
ricostruita con una lamina di materiale alloplastico, come il polietilene
poroso, oppure con una lamina di titanio.
Paziente affetto da frattura dell'orbita
Frattura orbitozigomatica sinistra
Proiezione assiale - Prima | Proiezione coronale - Prima |
Proiezione assiale - Dopo | Proiezione coronale - Dopo |